Capitolo secondo
Linguaggio e dono
Dal momento che utilizziamo il linguaggio nella no-
stra vita quotidiana e che gran parte del nostro pensiero
avviene attraverso il linguaggio, sembra logico che esso
abbia un forte impatto su di noi, non soltanto come pro-
cesso o strumento, ma anche come modello. Il linguag-
gio ha inoltre il potere di provenire dagli altri, dai molti:
è una connessione profonda che abbiamo con altre per-
sone all’interno della nostra società; è un elemento im-
portante della nostra socializzazione.
Il fatto che tutte le società umane abbiano un lin-
guaggio non implica necessariamente che esso abbia una
base genetica. C’è qualcos’altro che tutte le società han-
no in comune: la pratica del “prendersi cura” svolta dal-
le madri. La costante sociale non dipende tanto dalla na-
tura biologica delle madri quanto da quella dei figli, che
nascono completamente dipendenti: se nessuno si pren-
de cura dei loro bisogni, questi ne soffriranno e mori-
ranno. La soddisfazione dei loro bisogni deve perciò av-
venire senza lo scambio, poiché i piccoli non possono
restituire l’equivalente di ciò che ricevono.
Chi cura i bambini è perciò costretta a praticare ciò
che potremmo definire una sorta di altruismo funziona-
le. La società interpreta normalmente le capacità biolo-
giche delle donne – come la gravidanza, il parto e l’allat-
tamento, allo scopo di assegnare alle donne il ruolo di
madre e di nutrice. Alle bambine vengono trasmessi sin
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